Il nuovo ospite di Erranze è Luigi Manzi, un poeta italiano esule in patria che ha deciso di condividere il proprio destino umano e letterario con altri esuli stranieri.
La voce alta e drammatica, quasi oracolare, che si esprime nei suoi versi sovrasta le rovine di un mondo arcaico e rurale, divenuto memoria di se stesso. Un mondo che sta scomparendo per lasciare posto all'inesorabile avanzata dell'alienazione urbana, specchio opaco di una globalizzazione disumanizzante. Il disagio e il male di vivere che vengono generati dal conflitto perenne fra queste due realtà e modi di essere segnano una profonda, terribile lacerazione del tempo vissuto; come pure la sensazione che la parola poetica sia incapace di rimarginare le ferite. Fuorivia, scritto in uno stato di elevata percezione, è in fondo un esilio dentro gli inferi dell'io centrale del poeta, laddove i conflitti risorgono in forme e figure inquietanti. Il libro è insieme testimonianza e presagio. Tanto da fare di Manzi l'unica voce, nel panorama della poesia contemporanea italiana, capace di rinnovare la tradizione visionaria.
Da sempre al di fuori delle gerarchie ufficiali, Manzi appartiene all'ultima generazione dei classici italiani che fanno grande la poesia di questo Paese, ormai costretto dagli spasmi di una grave crisi sociale e morale a ripensare i limiti e l'orizzonte della modernità .
Gà«zim Hajdari
Luigi Manzi è nato nel 1945 e vive a Roma. Ha esordito nel 1969 nella rivista «Nuovi Argomenti» diretta da Carocci, Moravia e Pasolini. Ha pubblicato le raccolte di poesia La luna suburbana (1986), Amaro essenziale (1987), Malusanza (1989), Aloe (1993), Capo d'inverno (1997), Mele rosse (2004), Rosa corrosa (2003), tradotta in macedone da Maria Grazia Cvetkovska con prefazione di A. GjurÄinova, e Il muschio e la pietra (2004), tradotta in albanese da Gà«zim Hajdari con prefazione di P. Matvejević. àˆ presente in varie antologie. àˆ stato tradotto in varie lingue.