"Il traguardo è un valore relativo, una distanza ingannevole: esistono il tempo, la dimensione, e scorrono con una certa fluidità . Appena più in là vi è la fantasia, che non ha regole fisse né una misura per lo stupore: sovverte, inventa, e a volte parla della realtà in maniera più affidabile di mille – arroganti – certezze. Annusa il vero e lo diverte, lo rende morbido, malleabile. Ne ho trovato in una storia di Niky D'Attoma, che ha per titolo il nome di una città variopinta: Rio. Qui la parola è allestimento, è poesia, è promessa e incitamento, un punto labile che si rafforza se si ha per le mani l'entusiasmo necessario. (...) Rio è un'opera carica di sottile rimpianto, del riverbero gentile di una luce opaca, gommosa, che abbraccia ogni lembo di terra. Un luogo futuro allacciato al passato, e un presente che frana ad ogni passo e resiste con il coraggio che serve, e si mescola a visioni caparbie, tracce pallide di ricordi che non sanno la geografia del loro approdo. Il ricordo è entità e identità , è un sentiero da percorrere a ritroso e scandagliare bene in cerca di un indizio qualsiasi. Specie se lo scenario è una terra spoglia, prosciugata e svilita; una terra arida, solida, dimentica dei passi che l'hanno percorsa. Una terra che commuove immaginarla depredata, smunta, eppure abitata. " Nicoletta Prestifilippo per Kultural.ecu