Niente mai (Marco Saya edizioni 2015) è l'opera prima di Franco Castellani e raccoglie in maniera organica poesie che erano apparse su riviste specializzate quali Semicerchio, Satura e L'immaginazione. Castellani è stato allievo di De Robertis la cui lezione è sicuramente presente nel corpo della raccolta.
In questo compatto lavoro c'è anche molto altro. Per scrivere, scrivere ad un certo livello e distaccarsi dalla massa delle pubblicazioni inutili, necessita una preparazione. Il poeta deve essere adeguatamente preparato, non lasciare alla sola immaginazione ed inventiva la presunzione di completezza. La banalizzazione poetica che trova forma nelle pubblicazioni che non avranno mai vita pur avendo una consistenza fisica, è uno dei mali della poesia moderna, in quest'era di virtualità e autoesaltazione di ego e pensierini spacciati per versi.
Castellani sfugge a tutto questo. Il suo libro recupera la lezione del Novecento. Vi sono echi che non passano inosservati, non possono farlo. L'evidenza montaliana anche nella terminologia utilizzata è l'endoscheletro della struttura lirica. Castellani però nel suo maneggiare con perizia e cura il ritmo dei componimenti non si limita a richiami ma inserisce parole ed immagini chiave che si presentano a più riprese. Quindi ecco la bufera, il mare, la bava della notte. Parole-archetipi che si snodano nel testo. Vi è di più. Castellani inscrive i suoi versi in una geografia impalpabile. Parla di luoghi reali ma il contorno attorno ad essi è sempre l'imagismo del poeta. Qui confluiscono i detriti poetici. Da questa base usciranno sicuramente nuovi versi, ancora migliori, tralasciando quella voglia di dire tutto e subito che si percepisce nell'interezza di Niente mai. (Giulio Maffii)