Scheda Libro
Ai bordi di un quadrato senza lati
Marco Onofrio
Marco Saya Edizioni
Anno:
0
Prezzo:
10,00
Ean:
9788898243228
Argomento:
Vario
Genere:
Poesia
Pagine:
0
Supporto:
Brossura
Stato:
In Commercio
Sinossi
In qualche piega delle opere di Orazio si può leggere che cosa pensa delle pagine dense e di quelle anoressiche. Non ci sono condanne, soltanto la raccomandazione che siano vere, profonde, caustiche, libere e focosamente leggere. Leggendo Ai bordi di un quadrato senza lati (Marco Saya Edizioni, 2015, pp. 80, Euro 10) si ha l'impressione che Marco Onofrio abbia preso alla lettera la raccomandazione di Orazio, ovviamente portandola verso la densità , l'irruenza, la pienezza, com'è nel suo carattere, nella sua inesauribile voglia di vivere e di agire. Ha le qualità  necessarie per rendersi conto attimo dopo attimo di ciò che sta compiendo la sua scrittura (non si dimentichi che è autore ‒ poesia e narrativa a parte ‒ di illuminanti saggi su Dino Campana, su Giuseppe Ungaretti e su Giorgio Caproni, per fare soltanto qualche nome) e se ha scelto il concerto composito, spesso utilizzando i timpani, qualche ragione ci deve essere, forse più di una.

Intanto si nota che egli è stanco di avere vissuto gli ultimi decenni davanti a proposte poetiche che di poesia non avevano nulla, soprattutto non avevano la voce, il timbro, la cadenza, il ritmo, e non avevano l'anima. E dunque Onofrio vuole dimostrare invece che lui l'anima ce l'ha, ed è ampia e ricca, pronta a incantarsi e a sbalordirsi, a confrontarsi. Da qui la sfrenatezza del canto, che riesce a restare indenne da esibizioni e punta dritto alla coscienza del lettore. Non ho usato per caso la parola coscienza: per Onofrio la poesia, oltre che rivelazione estetica e possibilità  di andare oltre il visibile, è anche messaggio che deve scuotere, che deve porre delle problematiche. Poesia civile, dunque, gridata, con voli che hanno del prodigioso, perché non era facile, come ha scritto giustamente Fabio Pierangeli, navigare “nel mare in tempesta della modernità , a bordo di un quadrato senza lati”. Metafora scintillante, che squarcia d'un colpo i veli del conformismo e scardina le assuefazioni, facendoci vedere il lato nascosto della realtà . Un'operazione simile, specificando che si tratta di tempi e modi diversi, la fece Gregory Corso quando si scagliò contro la società  dei consumi e contro la muffa delle istituzioni corrotte e sfrenatamente abbarbicate nella indecenza del compromesso. Onofrio si muove nel grande fiume dei poeti che sanno protestare. Si sottolinei quel sanno che ci fa intendere le ragioni etiche del suo ragionare per versi. A volte però il ragionare scantona e diventa grido di angoscia che non trova la parola adatta per esprimersi in totale compiutezza, ed ecco che il poeta ricorre al pastiche, ai neologismi, agli orgasmi di parole inventate sull'onda di musiche che gli battono dentro e lo spingono a decifrare l'indecifrabile.

Una poesia così, anche se prende le mosse da lontano, anche se ha spesso movenze e “ragioni” teatrali, va oltre tutte le inutili diatribe del momento e dà  inizio a una svolta che ormai ha bisogno di intemperanze. E di intemperanze (volute, cercate, insistite e giocate come un prestigiatore raffinato ed esperto) nel libro ce ne sono quante se ne vogliono: «E questo rovinio di piatti rotti / e cose volte, rotolate, perse / che entra con gli spifferi ai pensieri / delle fortune alterne»; «Sentivo fermentare la natura / costretta e rovinata / in dissolvenza / tra spurghi pestilenti di latrina / per le profonde forre, alla fiumara / le sponde gialle e bige / dell'assenza». «E vidi il sole che divorava il sole / pezzo a pezzo, in parti d'infinito / le palpitanti macule arancioni / sulla criniera a fuoco dei leoni / dal ruggito muto». Potrei continuare con molti esempi ma credo che si comprenda subito la maniera in cui il poeta ha portato avanti questo lavoro che soltanto a un lettore superficiale può sembrare eterogeneo. In realtà , a chiusura del volume resta l'impressione di avere attraversato un poema compatto, i cui fermenti, perfino deliranti, servono a dare l'idea di una società  odierna che corre in direzioni opposte facendo la parodia a se stessa.

E che ci sia anche una piccola dose parodica in questo fluire di versi scintillanti è vero, ma solo per non essere infossati nella seriosità  barbosa dell'accusatore tout court. Non si dimentichi lo stile di Marco Onofrio, la ricchezza del suo vocabolario, la dimensione universale che assegna a ogni poesia. Non si dimentichi neppure la consapevolezza del poeta vigile in ogni istante, anche se «L'immenso è troppo vasto / per farsi quietamente / una ragione».

Dante Maffìa
Giacenze
denominazioneindirizzocapcittacopie