Con un articolo di Ezio Mauro e un saggio di Konstanze Fliedl
A cura di Erik Battaglia
Così Hermann Bahr, nella sua Introduzione: «Io dunque non 'confuterò' in alcun modo l'antisemitismo, cosa che è stata fatta mille volte ed è sempre vana. Chiedo semplicemente con quali sentimenti le persone istruite delle diverse nazioni si pongano nei confronti di questo spettro che si aggira tra i popoli, e che risposte ne traggano. Forse in futuro questo risulterà essere un curioso documento sulla condizione dello spirito umano nel 1893.»
E lo è, oltre 120 anni dopo, soprattutto alla luce (o all?ombra) di ciò che è successo nel secolo scorso e di ciò che minaccia sempre di succedere ancora, si chiami esso antisemitismo o intolleranza verso l'altro, in ogni sua forma. Nell'articolo qui ripubblicato a guisa di prefazione, Ezio Mauro traccia perfettamente il senso di questo incombente eterno ritorno, e ricostruisce in una bruciante analisi dell'esistente le fasi dei fatali esiti di ogni movimento irrazionale fondato sulla paura e il conseguente annullamento dell'umanità altrui.
La necessità di chiarire a se stesso (non senza la volontà di espiare un passato di antisemita wagneriano per altrui convinzione) e agli altri le origini politiche, storiche, psicologiche e persino estetiche del fenomeno antisemita spinge Bahr a intraprendere questo tour di interviste europee. Uomini politici, accademici, scrittori, artisti, da Mommsen a Daudet, da Séverine a Ibsen: le loro opinioni in merito vengono raccolte da Bahr e inserite nel contesto della sua superba prosa descrittiva. Lo spirito del tempo di luoghi, città, quartieri, persone, eventi aleggia intorno alla rigorosa trascrizione giornalistica delle parole pronunciate, e fornisce un humus verbale e ideale alla potenzialità del male e alla reazione necessaria, e spesso fatalmente vana, al suo dilagare.
Hermann Bahr (1863-34) fu il fautore del movimento «Jung-Wien», che negli anni '90 dell'Ottocento, dai tavoli del Café Griensteidl di Vienna, teorizzava e dava voce alle nuove tendenze della letteratura austriaca e tedesca (Hofmannsthal, Schnitzler, Altenberg tra gli altri) partendo dalle posizioni del Naturalismo e cercando di superarle in un processo (influenzato dalla psicanalisi nascente) che in breve porterà all'Espressionismo. Fu autore di un enorme numero di saggi letterari, studi monografici, indagini sociologiche, romanzi e drammi. Studente ribelle e rivoluzionario, in gioventù visse i suoi anni dell'irrequietezza con vigore eroico, nell'esaltante contesto bohemién della Vienna e della Parigi di fine secolo. Nel contesto di quello che egli considerava «Impressionismo» dell'uomo decadente, soggetto alla tirannia dei nervi e delle passioni, egli visse tutti gli stadi del fenomeno antisemita tardo-ottocentesco e di inizio Novecento. Dalle intemperanze giovanili passò a posizioni sioniste e filo-semite, soprattutto in considerazione del suo rapporto di grande amicizia con Theodor Herzl, poi tornò a una visione ambiguamente critica, e fu la morte nel 1934 a salvarlo da un probabile atteggiamento di senile e nostalgica irrisolutezza verso il nazismo. Le fasi di questa complessa convivenza di Bahr con il mostro antisemita sono acutamente ripercorse da Konstanze Fliedl nel saggio tradotto in appendice.