Fine anni Ottanta: l’esigenza di ritrovare se stesso spinge l’autore verso Parigi, ripercorrendo luoghi e tempi a lui cari. Si imbarca dalla Sardegna, lasciando il figlio e la compagna, per viaggiare con la sorella e il suo nuovo “fidanzato”. Un’artista, un contadino e una piccola borghese, sulle tracce chi del passato, chi del futuro, chi del presente immediato. Tre uomini e una Dyane (per non parlar d’Occhetto), verrebbe da dire. In un periodo di grande sconvolgimento politico la necessità di recuperare brandelli di vita, familiare e sociale, che rischiano di cadere come i mattoni del muro che sta per riunire l’Europa. E saliamo su quest’auto, insieme a loro, caricando il nostro bagaglio con le memorie del fascismo, la lotta al contrasto, l’illusione, la delusione per ciò che poteva diventare questo paese e che purtroppo non è: «Noi comunisti eravamo al centro del mondo, con la grande idea… piccoli uomini l’hanno fatta crollare». Parigi, allora. Con la scrittura calcografica di Primo Pantoli, col suo scavare la lastra della pagina a restituirci le strade, le vie, le impressioni. Con le sfumature dell’acquerello e del pennello intinto nel vino per restituirci «l’emozione dipinta di Montmartre, le strade bianche di Utrillo, le piccole case, le vigne, il verde degli orti, le osterie, i bordelli, i balli, dove Modigliani e Lautrec bruciavano di poesia e dolore». Un romanzo breve ma intenso, in cui le parole sono plasmate con la forza autentica dell’artista.