Un’immensa periferia globale e stereotipata,
fatta di svincoli autostradali e capannoni
prefabbricati, outlet di cartapesta
e cartelloni pubblicitari. Un panorama desolante
e spietato, popolato da persone disilluse
e incattivite, apparentemente senza prospettive
in un contesto sociale degradato e
sfilacciato, caratterizzato dalla precarietà e
da una pesante crisi economica. In un luogo
anonimo e omologante. Quello di Giovanni
Battista Menzani è un esordio narrativo potente
in cui l’autore, con humour spietato
e preveggente, racconta le sorti del nostro
tempo con una cifra stilistica disincantata,
mai cinica o crudele, ma dotata di grande
sensibilità e carica umana. L’odore della plastica
bruciata è una raccolta di tredici racconti
surreali e grotteschi, piccoli frammenti
di una vicenda umana più ampia, assurda
e commovente. Un mondo che è il nostro e
allo stesso tempo è altro. Un mondo all’eccesso,
in cui cose che conosciamo crescono
enormemente e giganteggiano, accettate
dai personaggi come normali, senza
ribellioni o fughe. Perché il loro è un mondo
gigante, invisibile, che sta dentro il nostro.