È ancora un' ambientazione solenne e crudele quella che Percival Everett erge a testimone del destino degli uomini. Una desolata frontiera incisa dal corso del Rio Grande dominata dai freddi altopiani desertici. Qui D.H. Lawrence trascorse alcuni mesi in un ranch di Taos. Disse: "Il New Mexico mi ha cambiato per sempre". La realtà è che da quelle parti non succede mai niente lo sa bene il vicesceriffo Ogden Walker. Ogden è nero in un posto di bianchi ispanici e nativi. È introverso e titubante. La madre gli legge negli occhi l' insoddisfazione. Lui vorrebbe almeno possedere le certezze che aveva suo padre la sua stessa abilità nel pescare le trote. Gli inattesi omicidi che colpiscono la contea - l' anziana strangolata e gettata in una botola la donna del bungalow riversa in un lago di sangue - entrano nella vita di Ogden come sogni: lo stesso groviglio la stessa confusione. Ogden si ritrova a fare il detective quello che non è mai stato. Con la sua auto insegue gli indizi lungo le strade oltre i confini. Albuquerque Tempe Denver Dallas. Le indagini si complicano affiora il degrado della provincia americana: violenza razzismo droga prostituzione. Alla fine la verità viene a galla. Una volta due. È davvero la verità ? Percival Everett trascina il suo protagonista sull' orlo dell' abisso. Insieme a lui il lettore. Dove ci ha condotto l' arbitrarietà delle supposizioni? Fino a che punto può spingersi l' illusorietà delle apparenze?