Può sostenersi che siano meditazioni queste che l’architetto Nicola Marra ci affida in lettura […] Le meditazioni formano tante poesie discorsive ma molto brevi per respiro e succinte per immagini e sentimenti. Triplice mi sembra il contenuto che Marra ci affida: la lucanità e l’urbanità, l’amore e gli affetti, un senso romantico e pagano della natura. […] Leggendo questi versi esce a ricalco un mosaico, si delinea il carattere del lucano: il presente culto degli antenati che offre continuità e senso alla direzione storica, la fratellanza che sembra sorreggere l’individuo con un alter ego consolatorio, una generica paura e precarietà esistenziale accompagnata da un senso d’amarezza e di vivo scontento che inacidisce le relazioni, la precisa e costante ritualità che accompagna i gesti del fare e trasforma le azioni in ripetizione della tradizione appresa con religiosità mai messa in discussione […] La poetica di Marra si concentra nell’immagine della poesia come carta stagnola della realtà, come sostituto effimero della vita e consolatorio.