Questo romanzo è un atto d’accusa contro la modernità e la celebrità del falso, del finto, del recitato. I personaggi sono dodici scrittori che partecipano al reality Carne di scrittore. Il protagonista, Isaia Mori, è uno chef che ha sempre sognato di diventare uno scrittore e che, come gli altri, sceglie di entrare a far parte del reality. Dodici settimane per completare il libro, una settimana per ogni capitolo. Ogni settimana esce il concorrente che ha scritto il capitolo ritenuto più brutto. Il vincitore
vedrà pubblicato il proprio romanzo. L’autrice, con descrizioni minuziose, quasi paranoiche traccia perfettamente lo stato mentale del protagonista. Ma non lo fa raccontando il “soggetto” bensì traducendo in parole, con una maestria e una proprietà di linguaggio ammirevoli, la mania per i particolari, l’ossessione per le sfumature, la puntigliosità fastidiosa dei dettagli. Le vite dei concorrenti vengono annullate e trasformate in vite già scritte, già decise, come i loro romanzi, in cui la dignità
viene sacrificata sull’altare dei dieci minuti di notorietà. I concorrenti vengono eliminati uno dopo l’altro come i dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Ma Carne di scrittore è anche un romanzo dentro il romanzo che contiene un altro romanzo: un meccanismo di scatole cinesi pronto a esplodere.