Sullo sfondo il ripetere ossessivo della stessa frase che accompagna le giornale e le notti. E’ l’Alzheimer. Le difficoltà che si presentano quando occorre affrontare questa degenerazione della mente, sono innumerevoli, anche per me che assisto mia madre. Il racconto affronta questo aspetto. Non è un trattato medico, né un compendio di consigli su come gestire una situazione così complessa e non è neanche la narrazione della vicenda e del percorso di mia madre. E’ solo il racconto del viaggio che un figlio intraprende, a volte in compagnia e molto spesso in solitudine. Un viaggio che si snoda tra istituzioni lontane, ricordi che riaffiorano prepotentemente, problemi contingenti da risolvere e la rimodellazione di abitudini e stili di vita. Nella costante certezza di non essere capace di saper gestire la malattia. Perché l’Alzheimer non è come le altre malattie, e prima di accettarne le conseguenze dobbiamo accettare le “stravaganze” di chi né è colpito, superando l’ istinto di colpevolizzare il familiare malato ed il nostro rifiuto di accettare i cambiamenti profondi del carattere della persona che assistiamo.
E così il “viaggio” diventa un itinerario interiore, con sentieri di ricordi lontani ed a volte sepolti, di viali alberati di sensazioni e sentimenti riscoperti, di vicoli e stradine quasi sconosciuti di emozioni improvvise.
I ricordi, prima che si dissolvano, dovrebbero essere fotografati; io ci ho provato con le parole.