Arturo Graf compose “Il Diavolo” nel 1889 definendo la sua fatica come: “libro popolare, che si potesse leggere senza fatica, ma forse non senza qualche gusto, da chiunque non faccia professione d’erudito”, intendendo con tale termine, come già sottolineava e precisava alla fine del XX secolo Luigi Firpo (1915-1989), un pubblico di lettori sì colti ma che non fossero storici, eruditi di professione. Attraverso le parole e gli scritti dei Padri della Chiesa, inframmezzati a quelle delle cronache, dei racconti, dei proverbi e delle credenze popolari, l'autore compone un caleidoscopico, sfaccettato ed elegante discorso, sempre elevato, ricercato ma, al medesimo tempo, mai complicato sullo sviluppo della storia del e sul demonio, su quell’angelo caduto, su quel secondo termine dell’eterno dualismo tra Bene e Male, su quel devastatore dell’opera del Creatore, su quella necessaria trasformazione di antichi e pagani numi.