Dopo il successo de Il serenissimo borghese e Il parruccaio di Maria Antonietta,
Frappa Raunceroy chiude con La lanterna nera un trittico di romanzi dedicati
rispettivamente alla ricerca della giustizia, della bellezza e della verità
I primi vagiti della scienza e del metodo sperimentale furono accompagnati da diffidenza e sospetti di pratiche occulte; le menti più
acute del XVII secolo come Galileo e Keplero non ne rimasero immuni. Ma che cosa sarebbe accaduto se a tali approcci si fosse
arrischiata una giovane donna? Praga, agli inizi del XVII secolo, era la capitale dell’impero governato da Rodolfo II d’Asburgo, sovrano
visionario, anarchico, amante delle arti, delle scienze e dell’alchimia. Presso lo Hradschin convergevano scienziati come Tycho Brahe
e lo stesso Keplero, artisti come Giovanni Arcimboldo, occultisti come John Dee ma anche ciarlatani, truffatori e lestofanti provenienti
da tutta Europa. Proprio in quegli anni si tenne a Praga pubblica dimostrazione delle potenzialità della “Lanterna nera”; il dispositivo,
antenato del cinema moderno, proiettava immagini che atterrirono gli spettatori dando origine a un’esplosione di paura e confusione
che portò a un incendio. Da questo episodio trae spunto la storia di Elke che studia i fenomeni ottici utilizzando rifiuti, cocci di vetro
e specchi e che, scambiata per una strega, finisce per attirare le morbose attenzioni del sovrano, il quale incarica il matematico
imperiale Giovanni Keplero di investigare. Da un iniziale incontro intriso di diffidenza e ostilità nascerà lo spunto per il primo trattato
di ottica della storia, che Keplero riconoscerà come proprio solo dopo aver affrontato una drammatica serie di imprevisti, compreso
l’arresto di sua madre, accusata di stregoneria e pratica di arti magiche. Un romanzo affascinante, che ci cala perfettamente nel
Seicento, facendoci conoscere da vicino una storia poco nota.