La storia di Suleika, la vergine sposa dell’eunuco Putifarre, flabellifero e capo delle guardie del faraone dell’Egitto, e del bellissimo schiavo cananeo Giuseppe è narrata concisamente nella Bibbia, più ampiamente nel Corano e ripresa e sviluppata nei paesi orientali da tutti i più grandi poeti, soprattutto in Persia (da Rudaki a Firdusi a Jamī al grande Hāfez), amata dagli intellettuali così come dal popolo. Ma è con Goethe, con la sua più elegante opera poetica della vecchiaia, il Canzoniere occidentale-orientale, che il mito di Suleika, l’eterno femminino islamico, si occidentalizza.
Attraverso Goethe, come un orfano eternamente in cammino, «frammento di un’antichità persa nella notte dei tempi», ella passa i secoli e le terre lontane, giungendo fino a noi: a Byron, a Nietzsche, a Hermann Hesse a Thomas Mann, autori che, in modi diversi, ebbero un rapporto intenso con il genio goethiano. Simbolo di libertà e di coraggioso anticonformismo è Suleika per il ribelle Lord Byron, nei suoi poemi The bride of Abydos e Don Juan; di leggerezza e di forza la gatta-fanciulla di cui si vorrebbe circosfingere (um-sphynxen) il malato Nietzsche nei suoi allucinati Dyonisos-Dithyramben; di malinconico struggimento e anelito verso l’impossibile desiderio per Hesse, moderno Wanderer; di sessualità e desiderio allo stato puro per Mann nella sua riabilitazione di Mut-em-enet (il nome egizio di Suleika) in Joseph in Ägypten.
Il West-östlicher Divan, pubblicato nel 1819, fu per Goethe «un rifugio dai problemi del tempo. Anziché intristirsi con la politica europea, trovò gioia nello studio della storia e della poesia dell’est». Negli stessi anni in cui aveva cominciato a scrivere il suo canzoniere occidentale-orientale, Goethe si innamorò, ricambiato, della giovane austriaca Marianne Jung. Ringiovanito da questa passione amorosa, scelse Suleika come veste poetica per l’amata e il poeta Hatem come alter ego. Una storia d’amore destinata a consumarsi presto e che si alimentò anche attraverso scambi epistolari: poesie, confluite poi nel Divan, messaggi cifrati, citazioni di versetti di Hāfez, il «poeta ideale», il «poeta gemello», il cui Diwan fu la principale ispirazione per Goethe e funse da intermediario e da cifrario per la coppia. Al Canzoniere goethiano, e soprattutto al Libro di Suleika, attinsero molti grandi Maestri del Lied di tutti i tempi, con qualche esitazione e qualche assenza, contribuendo a portare ancora oltre nel tempo e nello spazio la conoscenza e la comprensione del mito. E Suleika fu la modella ideale anche di molti pittori, dai nostri Raffaello, Tintoretto, Gentileschi, Guercino, Reni, Morelli, a Rembrandt e i fiamminghi, fino a Dalì e Chagall: la scena di seduzione, ripresa nell’attimo in cui la donna strappa da dietro la veste dell’integerrimo e casto Giuseppe che fugge via, è la più raffigurata, come a fermare l’attimo cruciale e fatale per la seduttrice, una serie di foto istantanee usate come prove messe agli atti per l’accusa.
Questo volume di Valentina Valente narra di Suleika e del suo viaggio fino a noi attraverso la storia, la poesia, la letteratura, le immagini, la musica.
In appendice, un saggio sui Lieder di Suleika dal West-östlicher Divan di Goethe a cura di Erik Battaglia