Nell’anno di Dante, il filologo Federico Sanguineti raccoglie in un breve saggio, colto ed eccentrico, un aspetto meno noto della lingua del Poeta: le parolacce.
Si accostano, così, alla sublime lingua del Padre della letteratura italiana più esplorata e analizzata, i processi che lo portano alla lingua altrettanto prodigiosa di parole e
parolacce. Leggere Dante significa pertanto entrare in un mondo sconfinato: dall'inferno che è società corrotta in cui la lascivia è dominante, su fin nel paradiso in cui Beatrice, che è donna in carne e ossa pur nel sogno, assegna in dono a Dante un'altra voce.
Come scrive l’autore, nelle prime righe della sua postfazione: Morale della favola da trarre è che Dante i borghesi l’hanno fatto diventare gran padre della patria, censurando
il pensiero del Poeta e scegliendo dei versi assai esemplari per inculcarli sui banchi di scuola.