L’aspirazione di Gherardo Bortolotti è forse quella di scrivere romanzi senza trama, fatti di momenti, immagini, scenari, canzoni. E questo è un romanzo composto di tanti romanzetti, nelle molteplici accezioni che si possono attribuire al termine.
Com’è ovvio, il diminutivo sta a indicare innanzitutto la forma breve (della quale Bortolotti è un vero campione), ma anche, soprattutto se accostato all’aggettivo del titolo, la diminutio con cui si tende spesso a liquidare le esperienze amorose adolescenziali e giovanili.
Tuttavia, la radice più autentica del termine, e quindi del libro, sta nel termine inglese romance, che significa anche, appunto, storia d’amore.
Perché di questo, in fondo, tratta Romanzetto estivo, semplicemente d’amore. E la rievocazione «dei giorni dell’amore» (secondo le parole di Hölderlin poste in epigrafe) passa attraverso un recupero della tradizione del romanzo sentimentale, a cavallo tra Settecento e Ottocento, che Bortolotti ha intrapreso già con Storie del pavimento.