Non ci sono dubbi che, se si dovesse scrivere una storia della traccia (inapparente, sotterranea e tuttavia luminosa) di Francis Ponge nella letteratura italiana, questo libro di Giulio Marzaioli dovrebbe occuparne il punto culminante. I sassi, infatti, ripropongono la grande risorsa dello straniamento che attraversa la modernità letteraria da Tolstoj a Brecht, ma in una logica “oggettuale” e “disumana” di grande forza perturbante, percorsa da un umorismo sottile e stralunato.
In questo esperimento di Marzaioli, la letteratura dei sassi risulta prodotta da una raggelata volontà di situare la voce autoriale in un ordine decisamente non antropocentrico. La logica paradossale che ne consegue sembra partire dalle cose e, tenendo conto delle parole, andare alle cose stesse attraverso la spoliazione del linguaggio: qui, insomma, il motto dell’esistenzialismo è riscritto e parodiato in un progetto che realizza, finalmente, una grande «allegria materialista» (Jacqueline Risset).