“Lavoravamo insieme, mostrandoci a vicenda le pagine liriche ancor tutte calde della prima impronta del pensiero. Per cambiare, un giorno, ripescammo e rileggemmo un mio grigio, torbido manoscritto di prose. Non lo amavo: lo volevo distruggere. Ma tu mi dicesti: «Perché?... Grigie fin che vuoi, queste novelle. Ma sono una parte viva di te»”.
È così che vide la luce nel 1917, per la casa editrice Treves, come racconta la stessa Ada Negri nella dedica all’amica Margherita Sarfatti, questa raccolta di novelle, o come dice l’autrice, più correttamente «scorci di vite femminili sole a combattere: malgrado la famiglia, sole: malgrado l’amore, sole: per propria colpa o per colpa degli uomini del destino, sole».
Non amava questo libro Ada Negri, per diversi motivi: oltre alla convinzione che il vero riconoscimento della sua arte venisse dalla poesia e non dalla prosa (che forse oggi non tutti condivideremmo), c’è dietro la scarsa convinzione dell’autrice per questo che lei stessa definiva «libro di penombra».
Le Solitarie, che riproponiamo al pubblico dei lettori, merita di essere riscoperto e riletto, perché quel grigio delle esistenze senza speranza delle donne della Negri, nonostante il tono della prosa a volte lirico, ma mai ingombrante grazie alla sua capacità di rendere densa e materica la parola scritta, è il prodotto dello sguardo acuto e moderno di una grande narratrice della condizione femminile che riesce a proiettarsi ben oltre l’inizio Novecento illuminando il nostro presente.